“Studiare su appunti, dispense di lezioni, diapositive o libri? E su quali libri? E su quanti libri? Davvero ne basta uno? E uno per sempre, magari acquistando le edizioni successivamente aggiornate come succede con l’Harrison? Certo, se i crediti formativi universitari dell’esame sono legati al numero delle pagine da studiare come si sente dire da alcune parti… hai voglia di leggerne tanti! E poi “di libri basta uno per volta, quando non è d’avanzo”, dice Manzoni! Del resto, anche la tesi di laurea è spesso sostituita dalla presentazione di un semplice elaborato di slide…”
Così Luciano Vettore e Giacomo Delvecchio esordivano nel capitolo sullo studio da manuali in “Dottori domani: storie, dialoghi e riflessioni per una nuova educazione alle cure” (Delfino editore. 2016: 104), riportando alcuni spunti di discussione dello studiare tradizionale sui libri rispetto all’arrivo di altri strumenti d’apprendimento.
Oggi, ancor di più dopo otto anni dalla pubblicazione del volume di Vettore e Delvecchio, il tradizionale libro di testo, cartaceo, non è più il solo strumento di apprendimento, né l’unico riferimento professionale: nell’epoca contemporanea il professionista ha molteplici strumenti (in)formativi a cui attingere, strumenti di informazione terziaria, applicazioni per smartphone al point of care, e così via. Si pone così il dilemma e la responsabilità della scelta di dove e come (in)formarsi.
È importante riflettere sulla funzione attuale del libro di testo cartaceo: per questo SIPeM propone un ciclo di incontri che, partendo dalla presentazione di due manuali recentemente pubblicati, farà dialogare formatori esperti, professionisti e studenti per arrivare infine a delineare i criteri di scelta del libro di testo rispetto agli altri strumenti a disposizione, per utilizzare quello adeguato al setting formativo e/o professionale in cui si opera.